Quando nel 1869 Frederick Dosvtoyesky portava a termine “L’idiota” non poteva immaginare quanto, una frase estrapolata da un dialogo, avrebbe unito e diviso in modo contraddittorio i cattolici ed agnostici: “Di che cosa avete parlato? È vero principe che una volta avete detto che la bellezza salverà il mondo?”.
perchè è crunch: cosa succederebbe se utilizzassimo la bellezza come valore e metro di giudizio per creare design?
Il saggio idiota
Il saggio idiota
Il giovane tormentato Ippolit si rivolge al principe Miškin, portando avanti un dialogo carico di significato. Egli solleva la questione del riscatto del mondo, il suo possibile liberarsi dalle tenebre, rappresentato nel romanzo dalla presenza costante di violenza e morte, sospesa su vicende amorose tanto pure quanto torbide, destinate a culminare nella tragedia da un momento all’altro. Resta un enigma: se sia possibile redimere una condizione compromessa come quella dipinta da Dostoevskij nelle sue opere cupe. Ma la vera incognita risiede nella natura della “bellezza”, invocata come salvatrice. Ma cosa significa veramente bellezza in questo contesto?
La brutta bellezza
La brutta bellezza
Non è certo la bellezza esteriore idealizzata dall’umanesimo latino, bensì qualcosa di più profondo, una bellezza sacrale che emana dall’essenza stessa del bene. Non è legata necessariamente a forme armoniche e perfette, ma piuttosto ai tratti della bontà che custodisce con fermezza la propria giustizia, anche a costo di tutto, anche della perdita della forma perfetta. Questa è la vera bellezza del bene, che a volte si mostra anche sotto un’apparenza brutta pur di conservare la propria integrità e tenacia.
Il design bello
Il design bello
Il design, inteso come “progettare per creare”, deve necessariamente quindi confrontarsi a sua volta con il concetto di bellezza.
In un affascinante viaggio attraverso il tempo e lo spazio, Philippe Daverio ci conduce alla scoperta del significato profondo della parola “bellezza”, un concetto intriso di sfumature e complessità che attraversa le culture e le epoche.
Il concetto latino “nomina sunt consequentia rerum”, che tradotto letteralmente significa “i nomi sono conseguenti alle cose”, assume un significato ambiguo quando si parla di bellezza, poiché l’etimologia della parola stessa è incerta. Da “bello” in italiano si passa al francese “beau”, che poi diventa “hermoso” in spagnolo. I greci esprimevano il concetto con “kalòs kai agathòs”, che significa “il bello è anche buono”, sottolineando così l’interconnessione tra bellezza e utilità, in un equilibrio armonico che permea il mondo. Per gli antichi romani, mentre l’uomo era considerato “formosus”, nel senso di virile e attraente, la donna era descritta come “pulcra”, evocando un senso di grazia e delicatezza.
Armonia, equilibrio e grazia
Armonia, equilibrio e grazia
Ritornando a Dosvtoyesky, Daverio spiega che il concetto di bellezza, espresso nel romanzo “L’idiota”, si rifà al concetto che Sant’Agostino esprime con la “pulchritudo Dei”, ossia la grazia divina che salva il mondo, che ha anche una valenza di equilibrio estetico.
Il design oggi, volendo sintetizzare l’espressione, per confrontarsi con la bellezza deve tenere in considerazione: armonia, equilibrio e grazia. In aggiunta però, per assolvere al compito di design salvifico (come la bellezza per Dostoyevsky), bisogna inserire nell’equazione, tra i valori che vanno a comporre l’equilibrio, i termini “necessario” e il parametro “impatto sull’ambiente”. Quindi, prima di metterci a progettare, dovremmo chiederci:
- È davvero necessario?
- Come impatterà sul mondo?
- Sarà in armonia nel contesto d’uso?
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